LA MADONNA DEL PILERIO

I. 1. La nascita del culto nel Duomo di Cosenza

Nel 1576 ha inizio la lunga vicenda che vede la Madonna del Pilerio come protettrice e guida dei cosentini che a lei si sono più volte affidati, nel corso della loro storia.

Dopo la battaglia di Lepanto, avvenuta nel 1571, la Chiesa cattolica, pur risentendo del "flagello" che s'abbatté con furia su di essa a causa della protesta del monaco agostiniano Martin Lutero, celebrò l'Anno Santo del 1575, a cui parteciparono più di 500 mila persone. Proprio in quel tempo, una forte epidemia pestilenziale distrusse Trento, la Valle dell'Adige, e le città di Verona e di Venezia. Da qui tale flagello non tardò a diffondersi in tutta Italia fino ad arrivare nella lontana Sicilia e nelle Calabrie, attaccando la città di Cosenza nel 1576.

Benché nessuna delle fonti locali riporti tale tragico avvenimento, Domenico Martire scrisse che nel 1576 la terribile peste comparve in Sicilia e in alcuni luoghi della Calabria1.  Alfonso Corradi negli "Annali delle epidemie occorse in Italia dalle prime memorie fino al 1850", ci informa che la peste si diffuse, nel 1576, in tutta l'Italia e si spense nel 1577, dopo "aver estinto" 40 mila persone2, così scriveva infatti riguardo agli effetti del morbo nel sud: «Ogni dì nettate le strade e bagnate d'acqua nel Mezzogiorno: sfogate le carceri dei galeotti e inviati al remo anche i condannati a morte; fatti liberi invece i prigionieri per debiti. Il procaccio di Calabria doveva fermarsi a Torre del Greco: custodita per terra e per mare la costiera, affinché né barca, né vascello di levante entrasse»3.

Nel 1577 l'Arcivescovo di Cosenza, mons. Andrea Acquaviva, dopo aver contratto a Cosenza il terribile morbo, morì a Roma. E' proprio a quest'epoca che si fa risalire la nascita del culto della Madonna del Pilerio, riconoscendo alla sacra icona proprietà miracolose.

Si racconta, infatti, che mentre il morbo pestilenziale infuriava in Calabria e sulla città di Cosenza, un devoto, rimasto anonimo, mentre pregava davanti all'icona della Beata Vergine Maria nella Cattedrale di Cosenza perché Essa scongiurasse ogni pericolo, vide apparire sul volto della Vergine un bubbone, simile agli orrendi segni lasciati dalla peste. Infervorato da un tale prodigio, corse ad avvertire il Vicario Generale dell'Archidiocesi che a quel tempo sostituiva l'Arcivescovo Acquaviva che si trovava a Roma. Questi, assieme ad alcuni esponenti del clero e ad un numeroso seguito popolare, accorse per verificare l'accaduto. Nello stesso giorno, miracolosamente, il morbo cominciò a regredire nella città, nessuno degli ammalati morì e la malattia lentamente sparì, come se la Beata Vergine avesse voluto attrarre su di Se il rovinoso flagello, esonerandone i devoti. Dai paesi vicini fu un continuo e ininterrotto crescendo di pellegrini che da ogni parte correvano per porgere il proprio saluto all'icona della Madonna che amorevolmente prese, sul suo volto bizantino, il segno della malattia pestilenziale.

Negli anni seguenti il numero di pellegrini crebbe a tal punto che, nel 1603, l'Arcivescovo mons. Giovan Battista Costanzo fece collocare la sacra icona della Madonna su di un pilastro del Duomo, quindi venne posta sull'altare maggiore fino a quando non venne predisposta la costruzione di un altare in suo onore. Tutto ciò avvenne poco più tardi, nel 1607, nella cappella denominata appunto "De li Pilieri"4.

La Madonna del Pilerio intervenne a favore della città di Cosenza in occasione del terremoto.

Da sempre la Calabria è stata soggetta a fenomeni sismici di forte intensità. Per non andare troppo a ritroso nel tempo potremmo partire dal sec. XI, e precisamente dal forte terremoto che coinvolse gran parte della regione il 24 maggio 1184. Il Duomo di Cosenza fu totalmente distrutto e, sotto le sue macerie, perirono l'Arcivescovo Ruffo insieme al Clero e ad un alto numero di fedeli. Altri terremoti ancora seguirono, prima e dopo l'altro rovinoso flagello, quello della peste del 1576 di cui già si è parlato.

Nel 1638 ebbero inizio una serie di orrendi terremoti che coinvolsero vari centri del cosentino ma, la città di Cosenza se pur colpita, lamentò pochissime vittime. Lo stesso avvenne nel nei terremoti che si abbatterono sulla nostra regione tra il febbraio e il marzo 1783. Cosenza rimase quasi incolume mentre altri paesi e città della Calabria subirono ingenti rovine. Si racconta che la Vergine Protettrice di Cosenza volse ancora una volta il suo prodigioso sguardo sui suoi fedeli, e infatti mentre  imploravano la sua misericordia e protezione davanti alla miracolosa icona della Madonna del Pilerio, sul dipinto si aprirono delle fessure che ricoprirono il volto e il petto della Vergine.

Furono chiamati ad esaminare il quadro quattro periti pittori, Maradei, Oranges, Maio e Troiano, i quali asserirono che non ci fosse alcuna causa naturale nell'accaduto poiché la tavola di legno su cui era dipinta l'immagine, era rimasta completamente intatta5.

Altri terremoti si registrarono l'8 marzo 1832, il 12 ottobre 1835 e il più terribile e rovinoso il 12 febbraio 1854. In queste date i paesi del cosentino andarono distrutti e numerosi furono i morti. La città di Cosenza, pur subendo ingenti danni materiali, miracolosamente non registrò nessuna vittima. I cosentini, sicuri del fatto che, lo sguardo materno della Protettrice di Cosenza avesse ancora una volta vegliato sulla città, chiesero all'Autorità ecclesiastica, di dedicare alla Vergine Maria del Pilerio una seconda festa, (che affiancasse quella preesistente dell'8 settembre), da celebrarsi il 12 febbraio. La terra di Calabria tremò ancora il 4 ottobre 1870. Furono danneggiati molti paesi della provincia cosentina come Cellara, Mangone, Piane Crati, Pietrafitta, Aprigliano; ma Cosenza ancora una volta, miracolosamente, non registrò che lievi danni. In tempi più recenti altri terremoti sconvolsero, tra vittime umane e rovinose distruzioni, tutta la nostra regione. Tutto ciò avvenne nel 1905 e nel 1908, la città di Cosenza fu esonerata da tale supplizio.

La Santa Sede, vagliate le motivazioni, accettò la richiesta6 e confermò alla Madonna del Pilerio il titolo di patrona della città.

Con Delibera del 20 maggio 1917, venne inoltre sottoposta all'approvazione della S. Sede, il Divino Ufficio e la Messa propria del Patrocinio della Madonna del Pilerio, idea del defunto Arcivescovo mons. Camillo Sorgente, sostenuta e incoraggiata dal successore mons. Tommaso Trussoni. L'approvazione dopo un lungo e tortuoso iter, venne concessa dalla S. Sede il 7 maggio 19187. L'avvenimento si festeggiò con Triduo di ringraziamento tenuto dall'Arcivescovo, dal 30 giugno al 2 luglio 1918. Mons. Trussoni sottolineando la grandezza prodigiosa della concessione fatta alla Madonna del Pilerio dalla Santa Sede, fece sfilare la processione, dalla Cappella per le ampie navate del Duomo, quindi la sacra Icona venne poi posta per qualche istante su una colonna della navata centrale, rievocando in tal modo mons. Costanzo che, tre secoli prima, nel 1603, pose la Vergine nel medesimo posto perché tutti i fedeli potessero ammirarla e adorarla.

Il popolo cosentino non attribuisce tutto ciò alla fortuna o al caso. Ogni avvenimento sembra portare il segno divino, che racchiude in se la grazia e la misericordia intangibile della Madre e Patrona della città che, ha apportato nella coscienza dei suoi devoti, la prova tangibile della sua materna protezione. 

 

I. 2. Le incoronazioni della Madonna del Pilerio.

Il tema iconografico dell'incoronazione, si ispira al quinto mistero glorioso, quello in cui si contempla l'esaltazione della Vergine incoronata Regina dei Santi in cielo. Questo è un tema ricorrente tra i pittori più importanti e lo ritroviamo infatti nella pittura di Giotto, di Beato Angelico, del Pinturicchio, di Raffaello, di Pietro Negroni, del Veronese e di molti altri8.

La miracolosa Icona della Madonna del Pilerio fu incoronata per ben tre volte nel corso dei secoli. La prima incoronazione avvenne, ad opera dell'Arcivescovo mons. Giovan Battista Costanzo il 17 aprile 1607. Egli pose sul capo della Madonna la corona aurea, simbolo dell'autorità di Regina.

Nel 1836, Papa Gregorio XVI autorizzò la seconda Incoronazione che avvenne a Cosenza il 19 giugno dello stesso anno. Tre giorni di festeggiamenti precedettero l'evento, quindi la Madonna del Pilerio fu incoronata dall'Arcivescovo mons. Lorenzo Pontillo, con due corone di oro e di gemme di gran valore. Con tale cerimonia si volle inoltre ribadire la tangibile protezione della Madonna dal terremoto che nel 1832 e nel 1835 aveva sconvolto e distrutto gran parte della Calabria e da cui miracolosamente la città di Cosenza si era salvata.

La terza ed ultima Incoronazione, avvenne nel 1922, quando una mano sacrilega sottrasse alla Beata Vergine l'antica corona del 1836 e altri preziosi oggetti. Il Capitolo Vaticano, con decreto del 4 maggio 1922 autorizzò l'Incoronazione. La cittadinanza sdegnata dall'atto sacrilego costituì un Comitato di raccolta fondi per poter acquistare una nuova corona da donare alla protettrice della città. La cerimonia fu celebrata dall'Arcivescovo mons. Trussoni e vi presero parte altri presuli concelebranti tra cui mons. Carmelo Puja, Arcivescovo di Santa Severina, mons. Giovanni Fiorentino, Arcivescovo di Catanzaro, mons. Salvatore Scano, Vescovo di S. Marco Argentano e Bisignano, mons. Felice Cribellati, Vescovo di Nicotera e Tropea, mons. Giovanni Mele, Vescovo di rito Greco della Diocesi di Lungro9. Come già sopra accennato, mons. Trussoni, per dare nuovo vigore al secolare culto della Madonna del Pilerio, ottenne dalla S. C. dei Riti il Decreto con cui, oltre alla conferma del titolo di Patrona della città e della Diocesi, venne autorizzata la Festa da celebrarsi in tutta la Diocesi e l'approvazione dell'Ufficio Divino e della Messa propri.

Il 12 aprile 1943, durante la seconda guerra mondiale, la città di Cosenza subì un massiccio bombardamento che provocò ingenti danni al patrimonio artistico della città, causando molte vittime civili. Nei mesi che seguirono vi furono altri attacchi aerei, la città rimase semi deserta e, nel caos generale, non mancò chi pensò di trarre in salvo la miracolosa Icona della Madonna del Pilerio. Il 6 settembre 1943, ad opera di Don Carlo Berardelli, padre superiore del Convento di Pietrafitta, di P. Pio Viafora, di Placido Telese, e di due militari, Vincenzo Parise e Salvatore Scalzo, e con l'autorizzazione dell'Arcivescovo mons. Aniello calcara, il Quadro della Madonna del Pilerio fu rimosso dalla sua cappella, e trasferito a Pietrafitta10 dove venne posto sull'altare maggiore della Chiesa nel locale del Convento. L'8 settembre ci fu lo storico annuncio dell'armistizio. La popolazione accorse per ringraziare la Madonna per l'inatteso rinnovato miracolo. Per alcuni mesi il quadro rimase a Pietrafitta ma fu nuovamente riportato a Cosenza dopo una grande festa e una processione celebrata dai pietrafittesi. A predicare il Triduo Sacro fu il Rev. P. Alfonso Liquori, la Messa solenne fu officiata dal Rev.mo Can. Eugenio Caruso, cappellano del Pilerio. L'11 dicembre 1943 la Madonna del Pilerio fece ritorno in città, e ad attenderla ci fu, un'immensa folla di devoti che guidati dall'Arcivescovo Calcara attraversarono in processione le vie di una Cosenza esanime, martoriata dalle brutture della guerra ma risuonante di campane a festa sotto una pioggia di petali colorati. Il 12 dicembre la Madonna del Pilerio fu riposta sul suo trono, nella Cappella della Cattedrale che per secoli l'aveva custodita.

 

I. 3. Valore artistico della sacra Icona della  Madonna del Pilerio.

Per troppo tempo l'Icona della Madonna del Pilerio è stata considerata priva di valore artistico, molto probabilmente poiché per la mania di abbellire le opere d'arte è stata ritoccata da vari artisti. Sia il Vitari che il Frangipane, giudicarono l'Icona di scarso pregio artistico, considerando l'opera d'arte solo ed esclusivamente dal punto di vista religioso e in base ai miracoli ad essa attribuiti. Scrive a tal proposito il Vivacqua: «L'antichissima immagine è sur legno, che se prodigi non à per dipinto, immensi ce ne ravvisano i cosentini pe' suoi miracoli»11. E aggiunge il Frangipane: «Scarso è però il pregio artistico dell'icona attuale, trattandosi di probabile rifacimento su schema di una più antica icona medievale»12. Il Borrelli, invece, pur non riconoscendo all'opera particolare pregio artistico, scriveva: «Il dipinto, probabile esecuzione del XV secolo, raffigura una delle tante immagini nel classico schema bizantino… e… dovette essere in parte rifatto verso la fine del XVIII secolo, con integrazione delle parti lacunose dipinte rozzamente su tela e applicate sulla tavola»13.

Solo di recente, nel 1976, grazie al fervido interessamento del Presule mons. Enea Selis, il quadro fu affidato alla Sovrintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici della Calabria, perché si procedesse al restauro. Dalla Relazione dei tecnici si evince che la sacra Icona, risulta essere «un Dipinto originale su tavola di pregevole fattura del secolo XII e XIII, magistralmente riportato al suo primitivo splendore bizantino»14. Durante gli interventi di restauro, la Di Dario asserì che «il quadro della Madonna del Pilerio, Patrona di Cosenza, è uno splendido originale della fine del 1200, con larghi influssi bizantini e con altre esperienze che denunciano una stimolante e complessa temperia culturale», sempre la studiosa intravede inoltre, in tale opera, «il più nobile e decantato formulario costantinopolitano sia a livello programmatico e teologale (la fascia che stringe il doppio addome del Bambino simbolo della sua doppia natura, il piccolo manto rosso, simbolo di regalità sovrammesso a quello azzurro consueto) che artistico»15.

 

              I.4. Descrizione del Dipinto. 

Di autore ignoto, il dipinto, prototipo dell'opera di S. Luca, rende, con chiaro formulario bizantino, l'immagine della dolcezza materna della Galaktotrophousa, ovvero della Madonna che allatta il Bambino. Secondo la tradizione, infatti, le prime immagini mariane sono state dipinte a Gerusalemme dall'evangelista Luca, che avrebbe dipinto almeno due ritratti: uno con il Bambino in braccio, il secondo senza. I due ritratti giunsero a Costantinopoli e furono esposti alla devozione dei fedeli sotto il nome di Odigitria e di Aghiosoritissa. Altre tradizioni accennano a tre ritratti della Madonna eseguiti da S. Luca: due col Bambino in braccio e uno senza. Questa risulta essere l'origine dei tre tipi principali dell'iconografia mariana, ovvero: L'Odigitria. L'Aghisoritissa e l'Eleousa16.

Nell'Icona della Madonna del Pilerio il Bambino viene allattato alla mammella destra, il latte sembra essere abbondante e denota il nutrimento spirituale e corporale. Esso diventa non buono nei periodi avversi, ovvero, a causa di peste o carestie, o ancora, durante i tragici avvenimenti di terremoti e diluvi.

Napolillo, così descrive la Madonna del Pilerio: «La Vergine Madre, con occhi scuri rivolti all'umanità intera, indossa una veste marrone, che ricorda la reliquia custodita nell'altare maggiore della Cattedrale. Ha la testa circondata dall'aureola, con undici medaglioni d'oro; ne manca uno, che ha preferito la tenebra alla luce divina, che è rappresentata dal colore giallo-oro. Ai lati dell'aureola, luminoso simbolo della Vergine nel coro dei beati, c'è scritto in latino: MR. DOMINI, (la madre del Signore). Tre stelle -una sulla fronte e le altre due sulle spalle- significano che la Madre di Dio ha conservato la sua verginità prima, durante e dopo il parto. Le tre dita della mano destra, contorte all'insù, indicano l'alto mistero della Trinità»17.

Padre P. Florenskij sembra aver inoltre individuato una precisa simbologia per ciò che riguarda i colori degli abiti indossati dalla Madonna: «La Santissima Vergine Maria viene doppiamente onorata, in se come Semprevergine e in rapporto a Cristo come Deipara. Quando appare come Semprevergine, come protettrice della verginità, cioè come vergine per essenza, porta un manto azzurro o celeste, invece quando appare come Deipara, cioè come Madre per essenza, il suo manto è purpureo, il colore della dignità regale e della spiritualità, oppure rosso, il colore della sofferenza e dell'amore infuocato»18.

Tale simbologia è facilmente riscontrabile nel dipinto della Madonna del Pilerio.

L'icona della Madonna, profusa d'oro negli undici dischi posti sul capo, simboleggia la gloria del paradiso. La veste marrone sta ad indicare la sua umanità, il blu del manto invece, indica il rapporto privilegiato di Dio verso questa creatura terrestre. Il bianco della veste che appena si intravede al capo, ai polsi e intorno al collo, esprime la purezza, in quanto la Vergine Maria è stata preservata intatta da ogni macchia di peccato originale in virtù della Grazia di Dio e del frutto che porterà in grembo, il Salvatore del Genere umano. Il manto rosso, invece, indica che la Santa Vergine, poiché Madre del Salvatore, è stata ricoperta dalla grazia di Dio. Le tre stelle che ornano la Madonna del Pilerio sulla fronte e sulle spalle, indicano la sua verginità prima, durante e dopo la nascita di Gesù. La Madonna è, in ultima analisi, una creatura umana, com'è riscontrabile nel marrone della veste, senza peccato, indicato dal bianco sotto la veste, profusa dalla benevolenza di Dio che su di Lei si è chinato, come vediamo dall'azzurro del manto e riempita dalla divinità nel rosso che la ricopre19.

Abbiamo già accennato che la Madonna del Pilerio sia una da indicare come una Galaktotrophousa, ritratta cioè con il particolare del seno scoperto, mentre allatta il Bambino. Interessanti risultano essere, a tal proposito, le osservazioni di Leone: «Il particolare iconografico della mammella alta, è rapportabile al singolare inserimento di Maria nel corpo mistico della Chiesa. Ella in essa occupa un posto prossimo a Cristo, che ne è il capo, e preminente rispetto alla Chiesa, che ne è il corpo. Questo concetto, ricorrendo alla memorizzazione visiva, propria del Medioevo, può essere spiegato dando alla Vergine, figurativamente nel Corpo mistico, la posizione del collo»20.

Nella devozione ortodossa si da spesso a questa immagine della Madonna il titolo di Trapeza, che ha il significato di "Tavola, Mensa", da potersi assimilare inoltre all'altare eucaristico detto appunto, secondo questa terminologia, "Santa Trapeza"21.

L'Icona della Madonna del Pilerio sembra essere stata eseguita dunque, durante l'ultimo scorcio della dominazione sveva e secondo la Di Dario, risulta come uno dei prodotti artistici più rilevanti di un vasto movimento artistico e culturale22 che subì sia gli influssi del «bizantinismo aulico delle opere messinesi del secolo XIII, sia le affinità delle ricerche plastiche perseguite dai maestri toscani pre-cimabueschi»23. L'icona si inserisce, inoltre, in una linea che unisce, dal punto di vista artistico, Monreale, Messina e la Campania.

 

I. 5. Denominazione di Madonna del Pilerio. 

La denominazione di Madonna del Pilerio sembra derivare, etimologicamente, da "Pilar", che significa pilastro o colonna. Si racconta che, nel 1603, l'Arcivescovo Costanzo, per meglio favorire l'afflusso dei pellegrini che da ogni parte venivano nel Duomo di Cosenza per adorare e venerare la Vergine, pose la sacra icona su di un pilastro, perché potesse essere vista da tutti. Infatti il "piliere" era un elemento portante verticale, un pilastro più robusto della colonna, molto usato nell'architettura di stile gotico e romanico. Tale piliere può essere collegato alle Meteore della Tessaglia della Grecia Orientale, luoghi elevati costituiti da rocce arenarie incise in pilastri isolati, su cui sorsero vari monasteri24.

Secondo un'altra tesi il nome "Pilerio", potrebbe derivare dal culto e dalla devozione Mariana in Spagna dove viene venerata appunto la Madonna del Pilar25. In lingua spagnola il termine "Pilar" sta ad indicare il "pilone" ovvero il pilastro isolato. Da qui l'interpretazione di Madre di Dio che, assunta al trono supremo, rappresenterebbe il pilastro di sostegno morale e di aiuto contro gli eventi infausti della vita.

Allo stesso modo a Saragozza, capitale storica dell'Aragona, la Vergine è venerata sotto il nome di "Pylar" poiché sembra essere apparsa all'Apostolo Giacomo, presso le rive dell'Ebro, su di un pilastro e circondata dalla schiera degli angeli.

Nonostante siano state formulate, a tal proposito, le più varie interpretazioni, sembra che il titolo e la devozione della Madonna del Pilerio siano molto antichi e, come sottolineano il Serravalle e il Vivacqua, preesistenti alla peste del 157626. Tutto ciò può essere riscontrato se si procede analizzando alcuni fatti storici. Cosenza, fin dal IV secolo, faceva parte dell'Eparchia Greca della Calabria, collegata a sua volta all'Eparchia di Reggio. La stessa Rossano, fu capitale bizantina nel X e XI secolo. Naturalmente Cosenza non poté, non risentire dell'influsso bizantino di Rossano, con cui intrecciava diversi contatti. Nella liturgia bizantina il culto della Madonna aveva un posto preminente. Infatti, si soleva porre le sacre Immagini della Vergine in punti strategici della città, a protezione di essa, ovvero in prossimità del ponte levatoio o alle porte della città. Sembra quindi che vada avvalorata la tesi che, la denominazione di Pilerio data alla Vergine, sia di origine greca.

In greco il termine "Púle" significa porta e "Puleròs" invece indica il guardiano, quindi ne risulterebbe "guardiano della porta". Se questo sia il significato da attribuire a tale denominazione, va ancora una volta riproposta la teoria della liturgia bizantina in cui la devozione verso la SS. Vergine Maria assume un chiaro significato, ribadendo il forte legame esistente tra i fedeli e la Madonna che confidano a tal punto in Lei tanto da porla a custodia della città, con la convinzione che la sua materna protezione possa porli al riparo da ogni pericolo. Per ciò che concerne la datazione e il significato della denominazione di Pilerio, potrebbe essere interessante analizzare i vari santuari, chiese o più semplicemente le varie icone, presenti non solo nel mezzogiorno d'Italia o nell'intera nazione, ma anche fuori dal territorio italiano.

Nella cappella di Castiglia della Cattedrale di S. Giovanni Battista, alla Valletta di Malta, Mattia Preti raffigurò a olio su tela, "S. Giacomo e la Madonna del Pilar". A Villamarsagia, in Sardegna, l'antica Chiesa di S. Ranieri, fu dedicata dagli Aragonesi, nel 1324, alla Madonna del Pilar patrona di Saragozza. Nella già citata città bizantina di Rossano, esiste una piccola chiesetta intitolata alla Madonna del Pilerio. A Sinopoli Superiore, nel Santuario di "S. Maria delle Grazie", si trova un pregevole gruppo marmoreo che raffigura la Madonna del Pilerio. Alla base si trova un'iscrizione che attesta che la statua fu fatta fare da Giovanni Ruffo, conte di Sinopoli e di Borrello, nel 1508. Secondo il Frangipane l'opera fu eseguita nella bottega messinese dei Gagini27.

Annibale d'Afflitto, Arcivescovo di Reggio, nelle sue "Visitationes" che riguardano alcune zone bizantinezzate del Reggino e in cui si venera la Madonna del Pilerio, testimonia che a Fiumara di Muro si trova una chiesa della Madonna del Pilerio con una icona fatta sul legno, in cui è raffigurata la Vergine Maria, a S. Lorenzo invece vi è una croce dorata con il crocifisso e con la Madonna del Pilerio e, a Rodà, la chiesa di "Santa Maria dello Pileri".

A Napoli ritroviamo sia una via intitolata "del Pilerio", e sia la Chiesetta di "S. Maria del Pilar", in piazza dei Gerolomini.

A S. Marco Argentano, in provincia di Cosenza, la cappella del Pilerio faceva parte del convento dei Frati Minori. Gli Aragonesi, sottratta la Sicilia agli Angioini, con la guerra dei Vespri, introdussero inoltre, proprio a S. Marco, a Cosenza e in altre zone della Calabria, il culto della Madonna del Pilerio. Tutto ciò avvenne nel 1283.

Alla luce di tali e innumerevoli testimonianze, sia storiche che artistiche, si può dunque sottolineare l'immensa importanza assunta nei secoli dalla sacra Icona della Madonna del Pilerio. Tuttavia non va dimenticata la storia religiosa di un popolo che da sempre si è affidato allo sguardo miracoloso della Madre, che da sempre in Lei ha riposto la più grande fiducia, che grazie al Suo pronto e materno patrocinio ha saputo far fronte ai tremendi flagelli che più volte si sono abbattuti, sulla Calabria e sulla città di Cosenza, nel corso dei secoli. Dalla peste al terremoto, dalle inondazioni alle carestie, dalla guerra alle varie infermità,

 il popolo cosentino ha sempre saputo in chi confidare, nella SS. Madonna del Pilerio, Madre e Patrona della città di Cosenza.


 

Note al Capitolo


1 V. Napolillo, Storia e fede a Cosenza, la Madonna del Pilerio, Edizioni Santelli, Cosenza, 2002, p. 13.

2 Ivi, p. 12.

3 Ivi., p. 13.

4 Tutto ciò è documentato da un atto del Notaro Giacomo Mangerio, del 20 giugno 1602, nell'Archivio Notarile Statale a Cosenza.

5 M. Caruso, Notizie storiche sul culto alla Madonna del Pilerio, a cura di G. Tuoto, Cosenza, 1985.

6 Rescritto della S. C. dei Riti dell'11 gennaio 1855, con rito doppio di precetto di prima classe nella città di Cosenza e in Diocesi.

7 Sotto l'alto patrocinio dell'eminentissimo Granito Pignatelli di Belmonte, Cardinale ponente, si ebbe la chiara, valida ed esauriente relazione di mons. Alfonso Caringi, rettore dell'Almo Colleggio Capranica, la quale fece decidere per la sospirata approvazione dello schema proposto nella sua integrità il 7 maggio 1918.

8 Cfr. V. Napolillo, op. cit., p. 37.

9 Ivi, p. 38.

10 Ibidem.

11 S. Vitari, Il Duomo di Cosenza, in L. Bilotto, Il Duomo di Cosenza, Effesette, Cosenza, 1989, p. 101.

12 A Frangipane, Inventario degli oggetti d'arte in Italia, II -Calabria-, Roma, 1933, in L. Bilotto, op. cit., pp. 101-102.

13 L. Bilotto, op. cit, p. 102.

14 Notizie storiche sul culto della Madonna del Pilerio, Patrona di Cosenza, aggiornate e redatte da mons. Michele Caruso, pubblicate a cura di Don Giacomo Tuoto, Parroco Rettore della Cattedrale di Cosenza, Cosenza, 1985, p.8.

15 M. Pia Di Dario Guida, Itinerario d'arte dai Bizantini agli Svevi, in "itinerari per la Calabria", ed. l'Espresso, Roma, 1983, p. 157.

16 G. Gharib, Le icone mariane, Città Nuova, Roma, 1987, pp. 85-86.

17 V. Napolillo, op. cit., p. 11.

18 P. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, in G. Gharib, op. cit., p. 75.

19 G. Tuoto, op. cit., p. 8.

20 G. Leone, Icone della "Teotòkos" in Calabria, in "Concilio Niceno II e l'iconografia mariana in Calabria", atti del convegno, Cz, 1987, a cura di M. Squillace, Edizioni Vivarium, Catanzaro, 1990, pp. 119 e ss.

21 G. Leone, Sulle "Iconografie bizantine della Madonna in Calabria" compilate da Biagio Cappelli in Calabria Nobilissima, Anno XL-XLI (1988-1989) edito 1994, pp. 7 ss.

22 L. Bilotto, op. cit., p. 103.

23 M. P. Di Dario Guida, Itinerari per la Calabria, ed. l'Espresso, Roma, 1983, p. 147.

24 V. Napolillo, op. cit., p. 17.

25 L. Bilotto, op. cit., p. 91.

26 G. Tuoto, op. cit., p. 9.

27 V. Napolillo, op. cit., p. 18.

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